Foreste e diritti sociali
Ritornando sul tema inerente le foreste, gli alberi e la difesa della diversità, di cui abbiamo parlato nel corso dell’incontro sugli alberi intitolato “I guardiani del paesaggio: gli alberi monumentali”, vorrei suggerirvi la lettura dell’articolo “I predatori degli alberi” pubblicato dal settimanale “Internazionale” nel numero del 2 febbraio 2023.
Il reportage dei due giornalisti italiani, Marzio G. Mian e Nicola Scevola, documenta il processo di disboscamento in atto in Cambogia a danno delle foreste confinanti con la Tailandia, di distruzione degli ecosistemi e, conseguentemente, di impoverimento delle popolazioni locali. L’impatto di tale azione viene amplificato dalla contestuale realizzazione di dighe sul fiume Mekong.
In questo momento è in atto un’azione sistematica di distruzione degli ecosistemi dell’Asia simile, sotto molti punti di vista, a quanto già avvenuto in Amazzonia. La Cambogia sta seguendo un percorso, già scelto dalla vicina Tailandia, che conduce alla distruzione delle foreste, degli ecosistemi e alla trasformazione dei suoli in campi dedicati alla monocoltura.
Tali azioni impattano in primo luogo, localmente, su territorio, sul paesaggio, sugli ecosistemi e sulla possibilità di sussistenza economica e culturale delle popolazioni e, in secondo luogo, a livello globale, sul cambiamento climatico.
Le ragioni di tutto ciò possono essere ricondotte alla volontà di espansione dell’industria manifatturiera (in questo caso cinese e europea) che ricerca la materia prima (il legname del pregiato palissandro) per le produzioni di mobili di alta gamma.
Gli autori documentano come, nel tempo, si sono articolati gli intrecci tra gli interessi della politica locale, quelli delle organizzazioni criminali, e gli obiettivi delle imprese internazionali.
Quali azioni potrebbero essere messe in atto per impedire la concretizzazione di un futuro in cui i diritti sociali e il benessere delle persone verrebbero calpestati così come la stessa esistenza degli ecosistemi da cui dipendiamo? Probabilmente il metodo più efficace e’ quello di agire proprio sulle società che producono e commercializzano i prodotti. È necessario obbligarle a dimostrare in che modo, nei propri processi produttivi e organizzativi, siano in grado, se non di proteggere, almeno di non danneggiare gli ecosistemi e i diritti delle popolazioni. Questo è il principio che ispira la normativa europea sulla sostenibilità in accordo con quanto recita l’Agenda 2030 ONU sullo sviluppo sostenibile.
È fondamentale poter dimostrare e certificare, ad esempio, che nella catena di approvvigionamento si utilizzano materiali prodotti nel rispetto dell’ambiente (in questo caso non distuggendo le foreste, rispettando i diritti delle popolazioni locali, non corrompendo ne’ facendo ricorso ad accordi con la criminalità organizzata).
Tale processo comporta, per le società, costi più elevati per un maggiore impegno sia nella ricerca di fonti di approvvigionamento sostenibili che nello svolgimento di attività di controllo e di certificazione. Il consumatore, da parte sua, dovrebbe accettare prezzi dei prodotti più elevati, richiedere maggiore qualità e durata del prodotto indirizzando, così, con le sue decisioni di acquisto, le strategie aziendali verso la sostenibilità ed il rispetto delle persone e dell’ambiente.